IL TRIBUNALE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza;
    Con  decreto  penale  di  condanna  n. 58/1989 Iannece Nicolina e'
 stata condannata alla pena di L. 2.000.000 di  ammenda  nonche'  alle
 pene  accessorie per il reato di cui all'art. 1, secondo comma, punto
 1, della legge n. 516/1982 per fatto accertato in Luino il  9  maggio
 1987;  a seguito di opposizione la Iannece ha richiesto ex artt. 461,
 terzo comma, e 438, e segg., il giudizio abbreviato; il g.i.p. presso
 il  locale  tribunale  ha fissato con decreto del 17 febbraio 1990 il
 termine del 5 marzo 1990 entro il  quale  il  p.m.  in  sede  avrebbe
 potuto   esprimere   il  proprio  consenso;  tale  decreto  e'  stato
 tempestivamente notificato il 28 febbraio 1990 al p.m.; non avendo il
 p.m.  manifestato  il  consenso il g.i.p. in sede ha emesso in data 6
 aprile 1990 decreto di giudizio immediato ex art. 464,  primo  comma,
 del c.p.p.
    Cio'   premesso   il   tribunale   rileva   che   l'eccezione   di
 incostituzionalita' e' rilevante e non manifestamente infondata.
    Reputa  infatti  il  collegio  che la norma dettata dall'art. 464,
 primo comma, del c.p.p., secondo la quale la assenza del consenso del
 p.m.  nel  termine  fissato  dal  g.i.p.  il  giudice per le indagini
 preliminari dispone il giudizio immediato, appare  in  contrasto  con
 gli  artt.  3,  24, 101, secondo comma, e 111, della Costituzione, in
 quanto:
       a)  realizza  una disparita' di trattamento tra imputato per il
 quale il p.m. abbia eventualmente espresso consenso e quello  per  il
 quale abbia omesso, seppure implicitamente, di formularlo;
       b)  la  richiesta  di  rito  speciale  formulata  dall'imputato
 nell'atto di  opposizione  viene  sottratta  ad  ogni  sindacato  del
 giudice;
       c)  il  potere  attribuito  al  p.m.  di  non  esprimere  alcun
 consenso,  con  le   indicate   conseguenze,   sopprime   il   potere
 giurisdizionale  del giudice, al quale resta preclusa la possibilita'
 di applicare la diminuzione di pena abbreviata;
       d)  il  semplice  silenzio  del  p.m. costituisce provvedimento
 implicito  di  rigetto,   sfornito   di   motivazione,   esclude   la
 possibilita'   di  ogni  controllo  da  parte  del  giudice  su  tale
 provvedimento.
    Ribadita,    pertanto,    la    rilevanza   della   questione   di
 costituzionalita', giacche' la disposizione impugnata  fa  discendere
 per    l'odierna   imputata   la   perdita   di   benefici   connessi
 all'applicazione  del  rito  abbreviato  (non  ultimo  quello   della
 riduzione della pena) da un mero silenzio rigetto del p.m.